09 maggio, 2007

In the shadows

Se prima iniziavo un diario ogni volta che mi andava di scrivere, vuoi perché non trovavo nessuno dei vecchi, vuoi perché volevo ricominciare da capo e scrivere più spesso, oggi scrivo al computer. Non per l’amore della tecnologia, più per la maggiore rapidità e minore fatica nello scrivere con la tastiera, oltre al fatto che come sempre il diario vecchio si è mimetizzato da qualche parte nel caos della mia stanza. E’ necessario scrivere per ricordare, o meglio per ricordare meglio. Ad ogni parola scritta corrisponde una sensazione che ad una nuova lettura del ricordo apparirà più nitida di quando si ricorda solo grazie alla memoria. Uno si sente sempre confuso, da quando si sveglia a quando va a dormire, e magari anche quando dorme, ma non se ne accorge e quindi in pratica si potrebbe dire che in quel momento è sereno o perlomeno senza pensieri angoscianti. Poi è chiaro che ci sono volte che i sogni sono così angoscianti da privarti anche dell’attimo di apparente liberazione dai pensieri del primissimo risveglio. Passa infatti quella frazione di secondo tra il sonno e lo sveglio in cui il cervello deve pensare a cosa pensare e la mente è libera. E’ un momento sacro che però come ho detto prima non tutte le volte si ha il privilegio di passare. Cosa c’è che non va nel pensare continuamente.. beh qualcosa che non va c’è per chi pensa troppo e troppe cose insieme, ma soprattutto chi non ha il dono di pensare alle cose più felici e si rifugia in un più comodo e angosciante perenne pessimismo. Come una malattia cronica, ci si nasce e punto, che non ti permette di pensare per troppo tempo a cose felici. Anzi se lo fai poi ti senti come attorniato da troppo ottimismo che magari è malaugurate, perciò è necessario rimediare subito con qualcosa di più serio per lo meno. Fino ad ora si è detto poco e tanto. Ma veniamo un po’ al reale, cioè cosa c’è che non va. Beh difficile a dirsi, anzi forse impossibile. Si tratta più di un qualcosa di astratto, di paure e principalmente di insicurezze. Si cerca la conferma negli altri, si usa il si invece della prima persona singolare per non esporsi troppo. Si sta nell’ombra e quando si viene fuori si è incazzati di essere stati nell’ombra. Sembrerebbe una contraddizione, ma non lo è perché è piuttosto un’imposizione quella di stare nell’ombra, perché nell’insicurezza di non piacere agli altri si vuol cercare di dimostrare che gli altri invece ne sentono il bisogno della presenza di colui che sta nell’ombra. Ma chi può accorgersi preso com’è appunto dai suoi mille pensieri che c’è qualcuno nell’ombra.. perché mai uno dovrebbe guardare nell’ombra. Ma soprattutto colui che sta nell’ombra si accorge che c’è qualcun’ altro nell’ombra accanto a lui o è troppo occupato dai suoi pensieri…
Marty