21 novembre, 2010

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Dopo aver perso per la strada un amico e per questo avere incubi ormai da tre settimane, ieri è arrivato il colpo peggiore. Infatti come un macigno ci ha colpiti la certezza che la casa che abbiamo scelto, arredato e imparato ad amare non può che essere di passaggio nella nostra vita.
Dopo due anni che viviamo lì, abbiamo collezionato minimo 500 giorni nei quali abbiamo dovuto sopportare l'irrispettoso atteggiamento dei vicini del piano di sopra. Anche se i regolamenti di condominio non si addentrano in precisi comportamenti da tenere per garantire la possibilità agli altri di vivere serenamente in casa propria, esistono delle regole non scritte dettate dal buon senso e dalla civiltà. Così si chiede ai bambini di non correre in casa e di non urlare. Si cerca di mettere le ciabatte per evitare di assillare con i rumori da calpestio il poveretto che sta al piano di sotto. Si parla con un tono che non permette a tutti di conoscere il contenuto di conversazioni che dovrebbero restare all'interno delle mura domestiche. Si sollevano sedie e mobili o si mettono dei quadretti in feltro per fare in modo di non disturbare ad ogni ora se si sposta qualcosa. A me e al mio ragazzo hanno insegnato questo e così ci aspettavamo di trovare lo stesso nell'educazione dei nostri vicini.
Avendo da subito intuito la mancanza di buona volontà da parte loro di tener conto della nostra presenza, abbiamo comunque aspettato un po' prima di fargli notare che sì sotto ci abitava qualcuno, nella speranza che da soli correggessero il tiro. Ovviamente abbiamo sbagliato, ma anche farlo presente subito non avrebbe cambiato il risultato. Ora lo so con certezza.
La prima volta che abbiamo suonato il campanello per lamentarci del fatto che ogni mattina alle 7 non si preccupavano che il figlio di nove anni urlasse e corresse per casa, sembravano disposti a venirci incontro. Solo apparenza, perché non è mai cambiato niente.
Dopo mesi abbiamo deciso che era il caso di farsi di nuovo coraggio e andare a richiedere cortesemente un po' di consapevolezza della nostra presenza. Risultato: il padre si è irritato perché era la seconda volta che andavamo a lamentarci.
Ieri mattina, dopo essere andati a letto alle 3 e mezzo, perché ogni tanto alla nostra età può capitare di andare ad una festa importante alla quale si vuol partecipare fino in fondo, alle 8.50 siamo stati svegliati di colpo da risate e conversazioni ad un tono troppo elevato per qualsiasi ora del giorno il tutto esattamente sopra la camera dove dormiamo. Arrabbiati abbiamo aspettato che uscissero alle 10 per poter riposare un altro po'. Mia mamma stanca di sentire le mie lamentele che dal primo giorno riguardano le stesse cose, ci ha consigliato di tornare su da loro e far presente che esisteva ancora questo problema e che d'ora in avanti tutte le volte che avessero superato il limite della sopportabilità avremmo suonato alla loro porta per ripagarli con lo stesso disturbo. Siccome l'idea ci sembrava un po' azzardata abbiamo aspettato di vedere come si sarebbero comportati nel pomeriggio. Alle 15 urlavano. Alle 16 il bambino giocava a palla facendola rimbalzare forte sul pavimento sopra il nostro salotto. Il mio ragazzo è salito su e io avevo la convinzione che con il civile dialogo la situazione sarebbe potuta migliorare. Invece ha rischiato di prendersi un cazzotto, quasi minacciato dal vicino che gli ha urlato di non suonargli mai più il campanello perché altrimenti ci avrebbe denunciato per disturbo. Testuali parole: La prima volta mi avete suonato e io l'accetto, la seconda già mi comincio ad alterare, la terza mi altero e semi altero.. mi altero. Inoltre lui e la moglie, sempre urlando, hanno precisato che se il bambino vuole giocare a palla in salotto può farlo perché a meno che non vengano superati i livelli di accettabilità di rumore stabiliti nel regolamento di condominio noi non possiamo impedirglielo. Peccato che nel regolamento di condominio non esista nessun valore di soglia di rumore stabilita, ma si parli in modo generico di limiti di tollerabilità.
Oggi mi sono svegliata per la prima volta dopo tanto tempo alle dieci e mezzo, dopo avere dormito serenamente. Ero a casa dei miei genitori, perché a casa mia questo non sarebbe stato possibile. Tante volte mi sono svegliata all'improvviso di mattina. Oppure ho provato a riposarmi di pomeriggio, ma poi un urlo mi ha spaventata e mi sono venute le palpitazioni rendendomi impossibile il riposo. Il fatto di avere il sonno leggero non c'entra, perché anche il mio ragazzo che non ha nessun problema a dormire spesso la mattina viene svegliato.
Ho cercato di scandire la mia giornata in funzione dei momenti nei quali non sono in casa. Quando ci sono non si può leggere, non si può dormire, non si può studiare a meno che non si accendano tv o radio per coprire i loro rumori. Ma questa non è la mia vita e non sono libera a casa mia.
Insomma da ieri è stato palese il fatto che quella non potrà essere la casa dove costruire una famiglia. Andrà venduta presto e cercato altrove (probabilmente sceglieremo un'abitazione all'ultimo piano). Sono a pezzi e mi sento in trappola.
Mi aspetto sempre dei cambiamenti. Mi ripeto di continuare a sperare che cambino idea e che ci permettano di vivere sereni. D'altra parte dentro di me ho la sensazione che niente e nessuno cambierà.